Oggi voglio condividere un articolo del mio blog che parla di giovani, vecchi, social e del confronto tra generazioni!
Ci hanno fregati!
Sì, ancora una volta e malgrado tutti i nostri sforzi per stare al passo, ci hanno proprio fregati! E pure di brutto.
Per capirlo basta scorrere i nostri contatti facebook, e poi magari anche i contatti dei contatti, amici, amici di amici e così via, in una catena, anzi rete, infinita.
Notato nulla?
Beh, se fate attenzione il più famoso ed esteso book del mondo colleziona face, facce, non proprio freschissime:
“Sono diventata nonna!”
“Auguri! Anch’io ho due splendidi nipotini!”
“Da oggi sono in pensione. Evviva!” (che considerata l’età a cui ormai ci si accede significa che l’autore della frase è prossimo al record di Matusalemme)
“E sono 60! Auguri!!!!!!”
“Sondaggio: nella parmigiana le melanzane le friggete o le grigliate?”
Questo è più o meno il tenore dei post che da un annetto a questa parte abbondano.
Dove sono finiti i ragazzi?
In realtà alcuni ci sono ancora, pochi e cresciutelli ma ci sono: una sorta di padri fondatori, i primissimi ad averlo utilizzato quando tutto il mondo viaggiava ancora a cartoline, bigliettini di auguri e rubriche spiegazzate zeppe di indirizzi e numeri, in una data che ci appare lontanissima malgrado abbracci poco più che un decennio.
Ci sono ma vi restano immobili e inattivi, come i ritratti degli avi e dei personaggi che hanno fatto la storia. Ultimo accesso più di un anno fa. Questo notiamo se andiamo a sbirciare uno dei loro profili.
I più giovani, gli adolescenti? No, quelli proprio non ci sono!
E dire che molti di noi si sono iscritti, sudando non sette ma settanta camicie e combinando casini che hanno dato da mangiare a parecchi tecnici del computer, proprio per tenere d’occhio loro, i nostri ragazzi multimediali.
Molti, i più esperti e smanettoni, ritenendosi molto furbi, per non essere beccati sono addirittura arrivati a farsi il profilo falso, con un’ingenuità quasi commovente; immediatamente sgamati dai figli che in uno slancio di pietà essi hanno preferito tacere e stare al gioco (così anche da poterli fregare meglio!).
Ora però si sono stufati e in massa sono emigrati, lasciandoci in eredità una piattaforma che si sta trasformando in una specie di bocciofila intergalattica.
Dove sono finiti? Su Instagram, ma fate attenzione a seguirli di nuovo perché questa volta la faccenda è più complicata.
Sicuramente qualche oscuro e incomprensibile – almeno per la maggior parte di noi – miglioramento tecnologico è la molla principale ma non possiamo ignorare che questa fuga d massa nasconda un lecito messaggio:
“non rompeteci i @@@”
E come dare loro torto?
È successo un po’ come se a una festa fra ragazzi cominciassero ad affluire degli adulti: prima una madre, e passi, “siediti lì, mangia qualcosa”, poi anche un padre, “ok, un po’ di birra la gradisci?”, poi dei nonni, qualche zio, i cugini, i professori, le maestre, il vicino di casa, il gatto, …
Cos’altro aspettarci se non un garbato: “ok, è stato bello però la festa fatevela voi, noi togliamo le tende”.
Ben consci che radunarsi su di una piattaforma del tutto simile a facebook sarebbe stato inutile, in quanto ormai essa non presenta più segreti di gestione neppure per gli ottuagenari, hanno cercato un “luogo” che fosse in qualche modo più ostico: ed ecco Instagram!
Letteralmente significa “istantaneo-telegramma”, e rapidità e immediatezza sono le sue carte vincenti nonché le armi per neutralizzarci.
Poco spazio alle parole, molto all’immagine: un’immensa galleria di volti, di cose, di luoghi, catturati, in movimento, che si mostrano e poi scompaiono in un continuo divenire che non lascia spazio alla nostalgia. A noi, generazione che del ricordo e della nostalgia ha fatto quasi una religione, questo ci spiazza.
Le chiamano “Storie”. Una definizione carica di mistero e incognita. A noi, figli di un tempo che viaggiava molto più lento, porta alla mente una faccenda parecchio lunga, che comincia con il “C’era una volta” e termina con “e vissero tutti felici e contenti”.
“Me la racconti una storia?”, si chiedeva prima di dormire, e comunque mai si arrivava a sentire il finale, che tanto conoscevamo perché la storia era sempre la stessa. Ora se le raccontano da soli, sempre nuove, e lo fanno in un modo talmente fulmineo che noi neppure riusciamo a vederle. Un video, qualche scatto, molti selfie per raccontarsi nello spazio di un solo giorno, svanire inesorabilmente nel passato e rinnovarsi nel presente, che è già domani.
Mica scemi loro!
E così, mentre i “vecchi” facebookiani rilanciano a catena la foto della foto (che peraltro viene tutta distorta e con strani riflessi) della prima comunione, la laurea del figlio e i primi passi del nipotino, loro in un’istantanea, nata per scomparire, bruciano in un unico falò gli attimi più banali e quelli che segnano, e con essi i rimpianti.
Banksy in fondo, con la sua opera che si autodistrugge, si deve essere ispirato a questo nuovo fenomeno cosmico.
L’arte non ammette rimpianti, e cosa più della vita stessa può essere definito arte?
Non cercate di imitarli perché sarà un fallimento.
La prova?
Mettere in atto una sfida: digitare sul cellulare la medesima frase, ad esempio:
“Essere immaturi significa essere perfetti. Oscar Wilde”
Probabilmente avranno finito quando voi siete alla doppia di “immaturi”.
Non è solo un’abilità delle dita ma anche una forma mentis.
Loro sono veloci perché il mondo che vivono e costruiscono è veloce; sono istantanei perché la vita è fatta di istanti, e anche il più banale è comunque degno di essere condiviso.
Hanno pure superato tutta quella cerimonia del chiedere amicizia, ti accetto, non ti accetto, ma chi sei, ma che vuoi. Si “seguono”, come accadeva in una vecchissima pubblicità dei tempi di Carosello.
Insomma, per concludere, i social non sono affatto da demonizzare e rappresentano comunque una buona palestra di comunicazione e crescita.Individuano due fasce di generazioni che hanno metodi e impulsi diversi, da una parte quella che ancora ama dilungarsi e indugiare, dall’altra quella che nell’immagine ha la capacità di raccontarsi.
Farne buon uso è altra materia, legata a doppio nodo all’educazione, all’intelligenza e anche alla capacità di autogestione del proprio ego, problema quest’ultimo che si perde nella notte dei tempi.
Quando quindi ci produciamo in critiche, anche crudeli, del mondo dei ragazzi, intonando il ritornello “Ai miei tempi”, ricordiamoci che quei tempi furono a loro volta oggetto di critica dei nostri padri, e i loro tempi non piacquero ai nonni, a loro volta additati dai bisnonni.
Cerchiamo sempre un punto d’incontro, e se non è sui social, pazienza.
Esiste comunque la vita reale, che funziona alla perfezione ed è anch’essa fatta di attimi, spesso banali ma preziosissimi; basta saperla gestire e vivere con serenità.
Buon vento. Godetevelo perché domani ne soffierà un altro, migliore o peggiore DIPENDE molto da VOI.
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dott. Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Direttore del Centro APIS – Servizi di Riabilitazione dell’età Evolutiva Monterotondo